NYANENE: HANNO SPEZZATO UNA PICCOLA STELLA

Pioveva quando Nyamuoch è arrivata con la sua piccola Nyanene alla clinica delle dottoresse bianche. La bambina da due giorni aveva la febbre alta e respirava male. Per di più, poi, rifiutava quel poco cibo che la sua mamma riusciva con tanta difficoltà a trovare per lei.

Le giovani dottoresse, coraggiose volontarie in quella terra di odio e violenza che è oramai il Sud Sudan travolto dalla guerra civile e da mille interessi stranieri, si mettono subito al lavoro con i pochi mezzi a disposizione. Qui è difficile far arrivare medicinali, le armi invece abbondano scambiate da mercanti e governi di mezzo mondo con concessioni sul petrolio che abbonda nel sottosuolo di questo martoriato paese.
Nyanene sembra migliorare. Sorride ai giochi della sua giovanissima mamma.
Un improvviso peggioramento. La piccola ha la polmonite. Nella piccola struttura ospedaliera, c’e’ un respiratore artificiale. Glielo applicano e rassicurano Nyamuoch. ” Tua figlia ce la farà…”.
Dopo due ore va via la luce. Il generatore si è spento. Manca il gasolio per rimetterlo in funzione. Si, nel paese del petrolio abbondano le armi, ma il gasolio è divenuto un bene rarissimo.
Nyanene peggiora a vista d’occhio. Nyamouch piange disperata. Una delle dottoresse, bestemmiando contro la guerra ed i suoi signori, prova a soccorrere la bambina con un respiratore manuale. Sembra funzionare, poi…Il piccolo cuoricino rallenta i suoi colpi, si ferma.
” Potevamo salvarla. Tutta colpa del generatore. Tutta colpa della guerra ” spiegano esasperate le dottoresse abbracciando Nyamouch, quasi chiedendole perdono.
Nyanene viene avvolta in uno straccio ed in braccio a sua nonna torna verso casa. Piove. A me, però, non sembra pioggia.
Sono lacrime.

di Silvestro Montanaro

foto di ALBERT GONZÁLEZ FARRÁN / ICRC



Traffico di organi tra Nord Africa e Europa attraverso l’Italia

Dopo le rivelazioni di ieri di Caritas, che riferisce dell’esistenza di una rete di traffico di organi umani a danno dei rifugiati siriani che tocca la Siria, il Libano e la Turchia, il portale Lookout News ha fornito alla Dire la ricostruzione di un’indagine condotta dalle autorita’ italiane, e che rivela l’esistenza di una rete transnazionale che coinvolge Nord Africa e Europa. A inizio luglio- il contributo di Lookout News- la polizia italiana ha sventato un’organizzazione criminale specializzata nel traffico di organi tra Nord Africa, Italia e Europa: migranti acquistati per 15mila euro dai trafficanti, per espiantare loro gli organi da rivendere sul mercato nero. Giro d’affari: varie centinaia di migliaia di euro. A smantellare l’organizzazione – che trafficava anche droga – le squadre mobili della Polizia di Stato di Palermo e Agrigento, in collaborazione con gli agenti del Servizio centrale operativo (Sco) di Roma nell’ambito dell’operazione ‘Glauco Tre’: 38 gli arresti – 25 eritrei, 12 etiopi e un italiano. Dalle stesse indagini sarebbe emerso anche il coinvolgimento di esercenti in diverse citta’ italiane che avevano collegamenti con potenziali clienti a Dubai e in Israele.

Una confessione in tal senso era stata fornita agli investigatori italiani gia’ da Atta Wehabrebi, un trafficante eritreo arrestato nel 2014 e condannato a cinque anni di carcere per il suo coinvolgimento in un naufragio che ha causato la morte di oltre 300 migranti al largo delle coste di Lampedusa: quei migranti che non possono pagarsi il posto sui ‘barconi’, secondo Wehabrebi vengono “comprati” da criminali egiziani per 15mila euro: “gli egiziani- ha raccontato- hanno tutta l’attrezzatura per prelevare gli organi” e per trasportarli “in borse termiche speciali”. I corpi di coloro che non sopravvivono agli interventi vengono abbandonati lungo le coste egiziane oppure gettati in mare dagli scafisti durante il tragitto. Nell’aprile scorso su una delle spiagge di Alessandria sono stati trovati nove somali. I loro corpi erano sventrati, privi degli organi vitali. Ma chi sono i principali acquirenti di questi macabri prodotti? Secondo l’analisi del portale Lookout News, europei e russi – generalmente persone con grande disponibilita’ economica – che comprano gli organi al mercato nero per ovviare alle liste d’attesa ospedaliere, lunghe ma legali.

Tale pratica coinvolge tutto il mondo, come dimostrano i numeri forniti dal programma Global Initiative to Fight Human Trafficking, e ora l’operazione ‘Glauco Tre’ e’ servita a far emergere il network transnazionale che collega il Nord Africa ai Paesi europei. Un altro punto ‘nevralgico’ e’ il confine tra Libia e Tunisia- come hanno riferito in forma anonima funzionari dell’Unhcr a Lookout News- a cui l’inizio del conflitto libico nel 2011 ha contribuito largamente. Da allora, Unhcr ha raccolto diverse testimonianze di migranti, spesso mutilati, provenienti soprattutto dall’Africa subsahariana. Arrivati in Libia dopo viaggi durati mesi per imbarcarsi alla volta delle coste italiane, centinaia di loro sono stati prelevati con la forza per essere torturati e subire il prelievo di organi, principalmente polmoni, reni e fegato. E non solo: i relatori del rapporto diffuso ieri da Caritas dal titolo ‘Trafficking in human beings in conflict and post-conflict situations’, hanno raccolto testimonianze di siriani che, in quel Paese, hanno visto persone – finite in ospedale per varie ragioni- a cui e’ stato tolto un rene senza previo consenso. Altri hanno invece riferito che, sulla strada verso il Libano, sono stati avvicinati e hanno subito minacce da parte di criminali che hanno cercato di convincerli a sottoporsi all’espianto. La stessa proposta e’ giunta anche a una famiglia di profughi giunta a Tripoli, in Libano, in cambio di denaro.

Infine, il report riferisce anche di combattenti ribelli che, poiche’ rimasti feriti, sono stati trasportati in un ospedale nella citta’ turca di Kilis – prossima al confine – in cui pero’ alcuni non sono sopravvissuti. I loro cadaveri sono stati ritrovati altrove, privi degli organi interni. Quest’ultimo fatto trova conferma gia’ in un rapporto dell’Unhcr realizzato nel 2014. La conclusione avanzata dalle ong e’ che il peggiorare della crisi siriana e l’aumento del flusso dei profughi stia aumentando anche il traffico di organi da immettere poi sul mercato nero. Infine, la Cina: qui sono i detenuti ‘di coscienza’ – soprattutto della minoranza Uiguri, oppure tibetani, cristiani e i praticanti degli esercizi meditativi del Falun Gong. – a subire gli espianti forzati. Secondo media e ong 1,5 milioni di persone hanno gia’ perso la vita. Dopo la condanna del Congresso americano, ieri anche l’Unione europea e’ scesa in campo chiedendo un’inchiesta indipendente per fare luce sulla questione.

fonte: Agenzia DIRE – www.dire.it


“Allah Akbar” lo dico ogni volta che prego

“Allah akbar” lo dico ogni volta che prego.
“Allah Akbar” lo dicono 1,6 miliardi di musulmani nel mondo, ogni giorno per cinque volte, ad ogni preghiera.
” Allah Akbar” lo dicono i muazenin nelle moschee in ogni paese di questa terra.
“Allah Akbar” , Noi musulmani, lo diciamo da secoli, da circa 1400 anni.
Vi presterei le scarpe di un musulmano per camminarci dentro, così provate la pressione che sentiamo dopo ogni attentato.
Vi darei i nostri occhi per guardare i musulmani morti per mano dell’Isis, anche se un po’ lontani da questa Europa.
Vi darei le nostre orecchie, per sentire il suono delle bombe che cadono ogni giorno in testa ai nostri cari in Medio Oriente.
Vorrei farvi ascoltare e leggere gli insulti che ci vengono rivolti.
E non ditemi che cadiamo nel vittimismo, perché vittime lo siamo. Siamo vittime di questa disinformazione, del razzismo e dei luoghi comuni.
Siamo vittime dei Media che preferiscono sottolineare cosa urla un terrorista prima di uccidere vite innocenti, invece che darvi un quadro oggettivo del periodo storico che stiamo vivendo.
Ieri il terrorista di Monaco non ha urlato “Allah Akbar” questo è giusto sottolinearlo, anche se qualcuno avrebbe preferito che lo urlasse.
Poco mi importa cosa urla un terrorista e quali siano le sue origini. Quello che importa, è che la gente smetta con questo continuo “Noi e Voi”.
Anche noi musulmani abbiamo paura di morire per mano di qualche squilibrato, che come vedete non sempre urla “Allah Akbar”.

di Sara Ahmed


Viaggio 2016 missione AICO in Uganda

Quasi tutto pronto per il prossimo viaggio in Uganda.
Ormai manca poco per la prossima partenza per l’Uganda.
La missione 2016 sarà molto importante e segnerà un punto di svolta per tutti noi.
A settembre sarà posata la prima pietra del progetto Miriam.
Erano anni che stavamo lavorando a questo progetto e vederlo inziare sarà per tutti noi un emozione fortissima.
Stamo anche lavorando alla nuova iniziativa dei viaggi solidali.

Con questi viaggi vogliamo cercare di unire la possibilità di fare un tour, per vedere le meraviglie dell’Uganda, e passare del tempo all’interno della Missione con i bambini ospiti.
Stiamo anche organizzando l’accorglienza per coloro che abbiano voglia di fare volontariato nella Missione.
Al rientro dei nostri volontari, presso la sede operativa della nostra associazione, in Via Don Rua 27, sarà presentato il reportage del progetto Miriam e saranno presentati i viaggi solidali e i viaggi per i volontari.
Vi terremo informati sul tutto, ma voi seguiteci sempre.

…sempre dalla parte dei bambini